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martedì, Novembre 5, 2024
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La maternità surrogata assurge a “reato universale”

di Dario Zappalà

Lo scorso 16 ottobre, è stato approvato in via definitiva il DDL sulla “gestazione per altri” (GAP), altrimenti nota come “maternità surrogata”, costituito da un unico articolo che modifica la legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita, intervenendo sull’articolo 12 che al comma 6 punisce con la reclusione da 3 mesi a 2 anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità».
Con il nuovo disegno di legge, la maternità surrogata assurge a “reato universale” e pertanto, anche chi la praticherà all’estero ove fosse consentito, sarà comunque punito al rientro in Italia secondo pene e sanzioni previste.
La ministra alla famiglia e alle pari opportunità Eugenia Roccella, all’indomani dell’approvazione, esternava pubblicamente l’auspicio che i medici che dovessero venire a conoscenza delle pratiche di surroga alla maternità denuncino il fatto alle autorità competenti e giudiziarie, disconoscendo e sconfessando quale sia il ruolo sociale del medico di fiducia che, oltre al dovere etico di rispettare la riservatezza dei dati sui propri pazienti, deve anche attenersi al codice deontologico degli esercenti la professione oltre che a specifici articoli del codice penale.
In particolare, il codice di Deontologia Medica pubblicato dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO), al capo III, art. 10, recita tra l’altro: “Il medico deve mantenere il segreto su tutto ciò che gli è confidato o di cui venga a conoscenza nell’esercizio della professione…Il medico non deve rendere al Giudice testimonianza su fatti e circostanze inerenti il segreto professionale”; il successivo art. 11 aggiunge: “Il medico è tenuto al rispetto della riservatezza nel trattamento dei dati personali del paziente e particolarmente dei dati sensibili inerenti la salute e la vita sessuale… Il medico non può collaborare alla costituzione di banche di dati sanitari, ove non esistano garanzie di tutela della riservatezza, della sicurezza e della vita privata della persona”.
A ciò si aggiunga il Codice Penale che all’articolo 365 recita: “Chiunque, avendo nell’esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto per il quale si debba procedere d’ufficio, omette o ritarda di riferirne all’Autorità indicata nell’articolo 361, è punito con la multa fino a cinquecentosedici euro…”.
Va ricordato come quello dell’omissione sia un reato doloso con dolo generico.
Tuttavia, questa stessa disposizione non si applica allorquando un referto esporrebbe la persona assistita a un procedimento penale, come da art. 384 del codice di Procedura Penale.
Ebbene, pur non entrando nel merito delle implicazioni etiche ed emotive che la legge può suscitare in ogni medico secondo indole, cultura, sensibilità o motivazioni personali, con legittimi atteggiamenti, sia pure silenti, che vanno dall’approvazione, all’avversione, alla perplessità, non va trascurato il ruolo sociale e umano gravante sulla figura professionale del medico che si prende cura dei propri pazienti con l’unico scopo di praticare la nobile arte della medicina.
Bene pertanto ha fatto il presidente FNOMCeO Filippo Anelli a richiamare alle vere competenze di un medico rispetto al contestabile appello della ministra che incita a derogare alla tutela sia delle pazienti sia delle norme etiche, deontologiche e giuridiche di cui gli esercenti la professione sanitaria fanno il loro modus vivendi.

Il dottore Dario Zappalà
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