venerdì, Luglio 18, 2025
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L’uso dell’I.A. da parte dei minori. Serve una regolamentazione seria. Lo studio del MIT ci mette in guardia

L’uso crescente di strumenti basati sull’intelligenza artificiale implica la necessità di intervenire con celerità. I recenti studi condotti dal MIT di Boston mostrano, infatti, dati che impongono una riflessione profonda, non solo etica, ma anche normativa.
Lo studio, il primo nel suo genere, ha dimostrato come l’utilizzo abituale di ChatGPT possa comportare un vero e proprio “debito cognitivo”. Tradotto in parole semplici, questo vorrebbe dire meno pensiero autonomo, minore capacità di apprendimento e memoria ridotta.
I partecipanti che si sono affidati all’I.A. hanno evidenziato una connettività cerebrale del 55% più bassa rispetto a chi ha lavorato senza supporti digitali. Ebbene, l’impatto, dunque, non è solo teorico o statistico, ma è neurologico, tangibile e misurabile.
D’altra parte, nessuno mette in dubbio che l’intelligenza artificiale, se usata con criterio, possa essere un supporto straordinario. Essa automatizza compiti, fornisce soluzioni, semplifica la complessità. Tuttavia, posto che la tecnologia va sempre valutata anche per i rischi che porta con sé, non possiamo sottovalutare che – secondo questo studio – l’uso eccessivo di I.A. porta a una perdita di creatività, della capacità critica e persino di senso di appartenenza rispetto al proprio lavoro intellettuale.
Ma il dato più allarmante è che l’83% dei partecipanti che ha scritto testi con ChatGPT non era in grado di ricordarne il contenuto poco dopo averli prodotti. E questo è un effetto simile a quello di chi utilizza lo strumento del “copia e incolla” senza comprenderne l’argomento. Trattasi di un aspetto particolarmente pericoloso per i più giovani, che ancora devono costruire la propria identità cognitiva e relazionale.
Ne deriva che è fondamentale intervenire, poichè non possiamo lasciare che siano solo il mercato e gli algoritmi a decidere come, quando e per quanto tempo i ragazzi utilizzino queste tecnologie. E’ chiaro che serve una cornice normativa, ed un’educazione all’uso dell’I.A., ed è evidente che serve, infine, il buon senso.
Regolamentare non vuol dire proibire ma tutelare. Vuol dire stabilire dei limiti che aiutino a usare l’intelligenza artificiale come alleata, non come stampella del pensiero. Considerato quanto detto, d’altronde, il rischio più grande è quello di abituare le nuove generazioni a non pensare più con la propria testa.
Auspichiamoci, quindi, un intervento deciso del legislatore, che tenga conto delle evidenze scientifiche e delle vulnerabilità di chi, come i minori, è più esposto agli effetti collaterali dell’innovazione.
Bruno Messina
avvocato
Vice Presidente Codacons Sicilia
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