Da sempre, la ricerca dell’immortalità e dell’eterna giovinezza ha affascinato l’uomo.
Se ne parlava già oltre 4.000 anni fa, quando Gilgamesh, mitico eroe sumerico dell’epopea babilonese, era il sovrano di Uruk, antica città dei Sumeri.
Secondo la leggenda, Gilgamesh, dotato di fisico sano e possente, oltre che di grande intelligenza e coraggio, rimase sconvolto dalla morte di Enkidu, eroe che dopo una lunga lotta, era diventato suo carissimo amico.
La perdita di Enkidu, avvenuta non in battaglia ma in seguito a una misteriosa e implacabile malattia, fa scoprire al sovrano sumero la paura della morte e lo spinge a ricercare l’immortalità.
Proprio con l’intento di trovare il segreto per sfuggire alla morte, Gilgamesh va alla ricerca di Utnapishtim, l’unico essere umano che, scampato a un mitologico diluvio universale, era stato divinizzato e assieme alla moglie aveva ricevuto dagli dei il dono della vita eterna.
Utnapishtim consiglia a Gilgamesh di desistere dalla sua ricerca dell’immortalità, ma tuttavia gli rivela il nome di un organismo, si sconosce se pianta o animale, che avrebbe trovato nelle profondità marine e che sarebbe stato in grado di dargli l’eterna giovinezza.
Dopo tante ricerche, finalmente Gilgamesh trova l’organismo indicato da Utnapishtim a Dilmun (l’attuale Bahrain?), ma sulla via del ritorno si imbatte in un serpente che glielo ruba.
Sconfitto, l’eroe ritorna nella sua città di Uruk e, avendo perso la speranza di immortalità, si rassegna al suo destino di uomo mortale.
Tuttavia, nonostante l’insuccesso e la delusione di Gilgamesh, nei secoli a venire, altri hanno continuato la ricerca dell’immortalità senza però registrare significativi progressi.
Ciò sino al 1988, anno in cui la scoperta casuale fatta da uno studente tedesco di biologia marina, Christian Sommer, sembra aprire un incoraggiante spiraglio sul segreto della vita eterna.
Sommer, suo malgrado moderno Gilgamesh, fa una scoperta stupefacente allorché osserva il comportamento di alcuni esemplari di Turritopsis dohrnii (Weismann, 1883), animale di piccole dimensioni, circa 1 cm, rinvenuti sui fondali della riviera di Portofino.
Si tratta di una specie di Idrozoo a forma di un ombrello provvisti di tentacoli ai margini, originaria del Mar dei Caraibi e diffusa anche nei nostri mari.
Incuriosito, Sommer si accorge che il minuscolo animale, invece di invecchiare e quindi morire, sembrava che ringiovanisse progressivamente fino a ritornare al suo stadio iniziale di sviluppo, quello di polipo a forma di tubo con all’apice una corona di tentacoli. La forma medusoide conduce vita planctonica, mentre allo stadio di polipo vive sul fondo ove si fissa al substrato.
E da lì ricominciava un nuovo ciclo di vita fino allo stadio finale di medusa. Lo studente Sommer rimase impressionato da quanto osservato, ma non ne colse immediatamente il significato.
La scoperta però suscitò l’interesse scientifico di biologi dell’Università di Genova che nel 1996 pubblicarono i risultati delle loro ricerche.
I biologi genovesi dimostrarono che se minacciata o in condizioni di stress ambientale, in ogni fase della propria vita Turritopsis dohrnii è in grado di ritornare a uno stadio primordiale di ammasso di cellule indifferenziate e quindi di invertire il proprio ciclo vitale, a partire dallo stadio di polipo.
Lo stratagemma consentiva al minuscolo animale di ricominciare daccapo il suo percorso di sviluppo e di rigenerarsi nuovamente, e per più volte.
Per analogia, è come se l’uomo divenuto vecchio ad un certo punto inverte il proprio sviluppo e incomincia a ridiventare sempre più giovane sino a ritornare nuovamente bambino e quindi pervenire allo stadio di embrione.
E così di seguito.
Questa scoperta appariva in netto contrasto con la legge fondamentale a cui sono soggetti tutti i viventi, ovvero quella della ineluttabilità della morte.
Per tale motivo, Turritopsis dohrnii, che in questo modo sembra sfuggire alla morte e raggiungere la potenziale immortalità, è comunemente conosciuta come la medusa immortale.
Tuttavia, al di fuori dell’ambito accademico, la scoperta non riscosse molto interesse.
Come mai la “vecchia” medusa può ritornare un “giovane” polipo?
È stato dimostrato che il ringiovanimento della medusa immortale è reso possibile dalla capacità non comune che hanno le sue cellule di trans-differenziarsi, cioè di perdere la specializzazione conseguita ed essere convertite in cellule di un altro tipo; ad esempio una cellula muscolare ritorna alla situazione di cellula embrionale e quindi si differenzia nuovamente ma in cellula nervosa.
Un processo per certi versi simile si osserva nelle cellule staminali umane.
E da tenere presente però che, anche se le cellule possono essere immortali, non necessariamente questo è valido per l’identità dell’organismo stesso.
Infatti, si può anche immaginare che un vecchio, dopo essere ritornato giovane, bambino e quindi embrione, possa rinascere ma soltanto come clone.
Le sue cellule sarebbero state riorganizzate e riciclate, ma il vecchio sarebbe scomparso; al suo posto ci sarebbe un nuovo essere diverso con un nuovo cervello, un nuovo cuore, un nuovo corpo.
Immortalità senza giovinezza, un castigo e non un dono
D’altro canto, immortalità non necessariamente significa anche eterna giovinezza.
Talora l’immortalità può essere una maledizione piuttosto che una benedizione. Questo Titone, mitico principe troiano e giovane di straordinaria bellezza, lo ha imparato a sue spese.
Si narra che Eos, dea dell’alba, perdutamente innamorata di Titone si rivolse a Zeus, padre di tutti gli dei, affinché rendesse immortale suo amato Titone, dimenticando però di richiederne anche l’eterna giovinezza.
Purtroppo, Zeus interpretò alla lettera la richiesta di Eos e concesse a Titone il dono dell’immortalità.
Pertanto, con il passare degli anni, Titone invecchiò inesorabilmente sempre più, perdendo la propria bellezza e con essa anche l’amore di Eos.
Vedendo il suo amato diventare sempre più vecchio, privo di forze e rimbambito, Eos, impietosita, ottenne da Zeus che Titone fosse mutato in cicala.
Miti e leggende a parte, in natura ci sono tanti altri esempi di piante ed animali che come la medusa Turritopsis sopra menzionata sono davvero tecnicamente immortali e non sembrano invecchiare.
Però, nonostante l’ottimismo di alcuni scienziati che tuttora ritengono la medusa immortale la specie più miracolosa dell’intero regno animale che aiuterà l’uomo a risolvere il mistero dell’immortalità, si è ancora ben lontani dal comprendere come si invecchia al contrario.
Oggi, nonostante gli eccezionali progressi della scienza non si è ancora giunti a scoprire il segreto dell’eterna giovinezza.
Ma l’uomo non ha perso la speranza di raggiungere l’immortalità e prosegue nella sua ricerca.
Dalle stelle marine il segreto dell’eterna giovinezza?
Una speranza in tal senso proviene dalle stelle marine, organismi che riescono a vivere per moltissimo tempo senza invecchiare.
È noto da tempo che alcune specie di stelle marine in situazioni di difficoltà ambientale distaccano le proprie braccia ciascuna delle quali è in grado di rigenerare un individuo completo; tutte le stelle marine così nate, sono geneticamente identiche tra loro e alla stella che le ha generate.
Ciò in considerazione del fatto che la loro nascita è avvenuta con atto asessuale, cioè senza l’intervento dei gameti, uova e spermatozoi.
Il fenomeno è stato studiato da ricercatori dell’Università svedese di Goteborg sulla stella marina variabile (Coscinasterias tenuispina Lamarck, 1816), specie diffusa nell’Atlantico e nel Mediterraneo.
Studiando il DNA della stella marina variabile, i ricercatori svedesi hanno fatto una interessante scoperta.
I tessuti degli esemplari generati con un processo di riproduzione asessuale hanno le estremità dei loro cromosomi (telomeri) più lunghi di quelli dell’organismo dal quale si sono originati e riescono a vivere senza invecchiare per moltissimo tempo.
In definitiva, tanto più lunghi sono i telomeri, tanto maggiore sono le aspettative di vita.
Da ciò nasce il convincimento che se si riuscisse a codificare i meccanismi biochimici che permettono ai telomeri dei cromosomi delle cellule della stella marina variabile di rimanere stabili nonostante il trascorrere del tempo, allora l’uomo sarebbe più vicino al traguardo dell’eterna giovinezza.
Non possiamo chiudere questa nostra breve carrellata, senza ricordare che tanti altri animali, quali spugne, idre, coralli, ricci di mare, idre, coralli, planarie ed altri ancora, che non muoiono mai veramente.
Infatti, sotto lo stimolo di condizioni ambientali avverse, questi organismi sono capaci di frammentare il proprio corpo in più parti che rigenerano le parti mancanti e danno origine a nuovi individui, cloni dell’organismo che li ha generati.