Sempre più spesso, nei ristoranti italiani, capita di osservare bambini seduti al tavolo con gli occhi fissi su un tablet, isolati dal contesto familiare e completamente assorbiti dallo schermo. Quella che molti adulti considerano una soluzione pratica per gestire l’irrequietezza dei più piccoli durante i pasti rappresenta, in realtà, un’abitudine potenzialmente dannosa, soprattutto se protratta nel tempo e non mediata da un’adeguata guida educativa.
Le più recenti ricerche in ambito pediatrico e neuropsicologico lanciano un allarme chiaro: l’uso del tablet a tavola interferisce con i processi cognitivi, affettivi e relazionali fondamentali per una crescita sana ed equilibrata. Il momento del pasto è, infatti, un contesto relazionale insostituibile, in cui il bambino apprende attraverso l’osservazione, la conversazione e l’interazione con gli adulti. È in questi scambi che si sviluppano le competenze linguistiche, si consolidano le regole sociali e si allenano le capacità attentive ed empatiche.
Diversi studi, come quelli pubblicati su JAMA Pediatrics e The Lancet Child & Adolescent Health, confermano che l’uso eccessivo di dispositivi digitali, soprattutto in età prescolare, è associato a ritardi nello sviluppo del linguaggio, deficit di attenzione, maggiore impulsività, ridotta tolleranza alla frustrazione e difficoltà nella regolazione emotiva. Non solo: quando lo schermo diventa uno strumento di distrazione durante i pasti, si altera anche il rapporto con il cibo, favorendo un’alimentazione automatica e disattenta, con conseguente aumento del rischio di sovrappeso e obesità infantile.
Inoltre, sul piano neurologico, l’esposizione prolungata a contenuti digitali in età evolutiva influenza la maturazione delle aree cerebrali coinvolte nella memoria di lavoro, nella concentrazione e nella capacità di autoregolazione. Lo sviluppo di tali funzioni richiede tempo, stimoli adeguati e, soprattutto, relazioni umane reali, non sostituibili da interazioni con un algoritmo.
Un ulteriore rischio, spesso trascurato, riguarda il messaggio implicito trasmesso dal gesto di “parcheggiare” un bambino davanti a uno schermo: la noia diventa un nemico da evitare, il silenzio qualcosa da riempire, l’attesa un fastidio da anestetizzare. Si minano così le basi di una competenza fondamentale per la vita adulta: la capacità di stare nel tempo, nella relazione e in se stessi.
Per questo, è necessario promuovere una nuova consapevolezza culturale e sanitaria. Le famiglie vanno sostenute con strumenti informativi chiari e scientificamente fondati sul corretto uso delle tecnologie, fin dai primi anni di vita. I pediatri, gli educatori e gli operatori sanitari devono giocare un ruolo attivo nella prevenzione dell’abuso digitale, anche nei contesti apparentemente innocui come i ristoranti.
Anche le attività commerciali possono fare la loro parte: spazi gioco, angoli lettura o semplici kit da disegno possono rappresentare valide alternative, educative e sane, all’utilizzo passivo del tablet.
La tecnologia è una risorsa straordinaria, ma deve essere utilizzata con equilibrio e responsabilità. Quando diventa una scorciatoia per evitare il confronto con le esigenze educative dei bambini, si trasforma in un boomerang silenzioso che compromette lo sviluppo cognitivo, affettivo e relazionale delle nuove generazioni.
È nostro dovere, come adulti e come comunità, restituire ai bambini il diritto alla relazione, al dialogo e a un’infanzia fatta di sguardi, parole e presenza reale.