Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), pilastro del welfare italiano e strumento di attuazione del diritto costituzionale alla salute (art. 32 Cost.), attraversa una fase di profonda criticità. Gli indicatori di sostenibilità economica, efficienza organizzativa e accessibilità universale evidenziano un progressivo deterioramento che, in assenza di interventi strutturali, rischia di compromettere in modo irreversibile la tenuta del sistema pubblico
Negli ultimi vent’anni, la spesa sanitaria pubblica italiana si è attestata su valori compresi tra il 6 e il 6,5% del PIL, ben al di sotto della media dei Paesi dell’Unione Europea (7,5–8%). Tale sottofinanziamento cronico ha limitato la capacità delle Regioni di garantire livelli essenziali di assistenza (LEA) omogenei, determinando tagli ai servizi, carenze di personale e ritardi nell’innovazione tecnologica.
Il deficit di medici e infermieri è stimato in oltre 30.000 unità, con particolare incidenza nelle aree di emergenza-urgenza, medicina interna e pediatria. Il mancato turnover, l’età media elevata, la rigidità dei tetti di spesa e la maggiore attrattività del settore privato o estero determinano una perdita continua di competenze e una crescente difficoltà nel garantire la continuità assistenziale.
La regionalizzazione del SSN, pur fondata sul principio di autonomia organizzativa, ha prodotto una marcata disomogeneità nell’erogazione dei servizi. I differenziali Nord-Sud, già evidenti in termini di spesa sanitaria pro capite e performance dei LEA, si sono accentuati, con conseguente rischio di frammentazione del diritto alla salute.
L’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle patologie croniche determinano una domanda sanitaria crescente e complessa. Il modello ospedalocentrico, ancora prevalente, non è più sostenibile: è necessario un riequilibrio verso la medicina territoriale, l’integrazione sociosanitaria e la prevenzione.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Missione 6 – Salute) rappresenta un’occasione unica di rilancio, ma i ritardi attuativi, la carenza di capacità amministrativa e la complessità procedurale rischiano di comprometterne l’impatto. Le Case della Comunità, gli Ospedali di Comunità e la telemedicina devono ancora tradursi in servizi effettivamente operativi.
La combinazione di sottofinanziamento, carenze di personale e disuguaglianze territoriali conduce a un duplice rischio:
Erosione dell’universalismo: l’accesso alle cure dipende sempre più dalla capacità di spesa individuale, alimentando la crescita del settore privato e la spesa “out of pocket”.
Perdita di fiducia nel sistema pubblico: la percezione di inefficienza e scarsa qualità alimenta fenomeni di rinuncia o ritardo nelle cure, con effetti diretti sulla salute collettiva e sull’equità sociale. Cosa fare?
Incremento graduale della spesa sanitaria pubblica almeno al 7,5% del PIL entro il 2028.
Revisione del Fondo Sanitario Nazionale in base a criteri di bisogno reale, demografico ed epidemiologico.
Introduzione di meccanismi di monitoraggio ex ante ed ex post sull’efficienza dell’impiego delle risorse.
Sblocco dei tetti di spesa e rafforzamento delle assunzioni a tempo indeterminato.
Incentivi economici e di carriera per il personale operante in aree carenti o disagiate.
Ampliamento e riforma dei percorsi formativi (borse di specializzazione, infermieristica di comunità, formazione manageriale sanitaria).
Attuazione integrale della riforma della medicina territoriale (D.M. 77/2022).
Attivazione funzionale delle Case e degli Ospedali di Comunità.
Integrazione piena tra servizi sanitari e sociali, anche attraverso modelli di co-programmazione con gli enti locali.
Sviluppo delle piattaforme digitali per la teleassistenza e la gestione delle cronicità.
Rafforzamento del coordinamento Stato–Regioni e definizione di standard nazionali vincolanti per i LEA.
Introduzione di sistemi di performance management per dirigenti e strutture.
Revisione del Titolo V della Costituzione per riequilibrare le competenze e ridurre la frammentazione gestionale.
Le seguenti proposte operative costituiscono un quadro di azioni prioritarie a breve e medio termine:
- Incremento annuale del Fondo Sanitario Nazionale di almeno lo 0,2% del PIL per un quinquennio.
- Revisione dei criteri di riparto basati su indicatori di deprivazione socio-economica e bisogno di salute.
- Introduzione di un “Fondo di coesione sanitaria” per riequilibrare le differenze regionali.
- Attuazione di un Piano straordinario di reclutamento (2025–2028) per 40.000 unità tra medici, infermieri e tecnici.
- Revisione delle griglie retributive per allineare il pubblico al settore privato e contrastare l’esodo professionale.
- Rilancio della formazione specialistica e incentivazione del rientro dei professionisti italiani all’estero.
- Introduzione di meccanismi di carriera basati su merito, competenze e responsabilità.
- Completamento entro il 2026 delle Case della Comunità previste dal PNRR, con personale e servizi realmente attivi.
- Potenziamento dell’assistenza domiciliare integrata (ADI) fino a coprire almeno il 10% della popolazione over 65.
- Adozione di modelli integrati di gestione delle patologie croniche tramite piattaforme digitali regionali interoperabili.
- Creazione di un Piano nazionale per la telemedicina con standard unificati e interoperabilità dei sistemi.
- Rinnovo del parco tecnologico ospedaliero con priorità a diagnostica per immagini, robotica e biotecnologie.
- Adozione diffusa della cartella clinica elettronica unica nazionale.
- Rafforzamento del ruolo dell’Agenas quale cabina di regia per la valutazione delle performance regionali.
- Introduzione di un sistema pubblico di reporting annuale sulla salute (Health Account Nazionale).
- Riforma del sistema di accreditamento delle strutture private per garantire uniformità e qualità dei servizi.
Il SSN è oggi a un punto di non ritorno. La sostenibilità del sistema richiede un patto politico e istituzionale tra Stato, Regioni e professioni sanitarie fondato su tre principi: equità, efficienza e innovazione.
Solo attraverso un approccio sistemico e un investimento stabile nel capitale umano e tecnologico sarà possibile restituire al Servizio Sanitario Nazionale la capacità di garantire universalità e qualità dell’assistenza per le future generazioni.




