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lunedì, Ottobre 7, 2024
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Commette rifiuto di atti d’ufficio il medico di guardia che non esegue l’intervento domiciliare urgente

di Bruno Messina*

La vicenda riguarda un medico di guardia dell’AUSL di Bologna, che aveva rifiutato di eseguire una visita domiciliare presso un paziente, il quale gli aveva riferito al telefono di gravi condizioni di salute (tra cui forte bruciore allo sterno accompagnato da irradiazione di dolore sulle braccia e sulle dita delle mani). In detta circostanza il sanitario si limitava a diagnosticare telefonicamente una gastroenterite che, successivamente, risultava, invece, essere un infarto con conseguente decesso dell’uomo.

Ebbene, il Tribunale di Bologna assolveva  il medico per il delitto di omicidio colposo ma lo condannava per il delitto di rifiuto di atti d’ufficio. Questa sentenza veniva confermata dalla Corte d’Appello di Bologna e successivamente anche dalla Corte di Cassazione, con la sentenza del 17.01.2024 n.11085. In particolare, la Suprema Corte si è riportata al proprio consolidato orientamento interpretativo, secondo cui il sanitario in servizio di guardia medica che, pur richiesto, decida di non eseguire l’intervento domiciliare urgente per accertarsi delle effettive condizioni di salute del paziente, nonostante gli venga prospettata una sintomatologia grave, commette il delitto di rifiuto di atti di ufficio.

La responsabilità del medico è stata dichiarata sulla base della trascrizione del contenuto della telefonata, registrata in automatico dal servizio sanitario, intercorsa tra il medico e la moglie del paziente. La donna, infatti, chiedeva una visita domiciliare riferendo che il marito aveva fortissimi dolori addominali, che si estendevano dal torace sino alle mani, con formicolio; inoltre, aggiungeva che il marito aveva vomito e diarrea, risultava molto pallido ed era molto sudato. La stessa perizia disposta dal Tribunale riconobbe che i menzionati sintomi dovessero indurre ragionevolmente a considerare la possibilità teorica che fosse in atto una patologia cardio-vascolare di natura ischemica. Dunque, il medico avrebbe dovuto effettuare la visita domiciliare, poiché il rilevamento di parametri obiettivi (quali la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca, il ritmo cardiaco, la cianosi) avrebbe consentito di comprendere, in concreto, la patologia del paziente. Ma ciò purtroppo non avvenne. Ne seguì il decesso dell’uomo e poi la condanna del sanitario.

Possiamo trarne il seguente principio di diritto: commette il reato di rifiuto di atti d’ufficio il medico di turno che a fronte ad una riferita sintomatologia ingravescente e alla richiesta di soccorso, che presenti inequivoci connotati di gravità e di allarme, neghi un atto non ritardabile, quale appunto quello di un accurato esame clinico volto ad accertare le effettive condizioni del paziente.

*Avvocato, Presidente del Codacons Siracusa, Vice Presidente Codacons Sicilia

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